«La collaborazione tra le università e il mondo delle imprese è d’ importanza strategica per l’innovazione e la crescita del Paese. Academy, corsi di alta formazione e dottorati professionalizzanti sono strumenti chiave per incentivare l’occupazione dei laureati che inevitabilmente incide sulla crescita economica e sociale dei territori».
Intervista – fonte – Il Mattino
RETTORE, QUAL È OGGI IL RAPPORTO TRA FEDERICO II E AZIENDE?
«C’è stata una grande accelerazione negli ultimi anni. La cooperazione tra università e imprese è oggi molto più strutturata rispetto al passato ed è ben visibile con i progetti Pnrr, dove siamo coinvolti con oltre 150 aziende, tra le quali: Ferrari, Enel, Erikson, Hitachi, Intesa Sanpaolo, Telespazio, Barilla, Autostrade, Dompè, Fincantieri, Poste Italiane, Pirelli, Novartis, solo per citarne alcune. Non si tratta solo di partnership a breve termine, ma di un vero e proprio ecosistema che stiamo costruendo insieme. Abbiamo un fiorire di rapporti con noi, ma siamo anche un po’ una cartina al tornasole di quello che succede al Meridione poiché queste aziende vedono nelle università, anche di aree che tradizionalmente non erano molto forti e su cui investire con progetti comuni, delle importanti opportunità».
COSA HA PORTATO A QUESTA CRESCITA ESPONENZIALE?
«Diverse condizioni hanno favorito questa crescita. Primo, la Federico II si è attrezzata con spazi e infrastrutture che permettono alle aziende di lavorare fianco a fianco con i nostri ricercatori.Penso ai laboratori condivisi e agli acceleratori di start-up.
Secondo, c’è una forte domanda di formazione, anche post-laurea, con un’attenzione particolare alle esigenze delle aziende, soprattutto in settori dove c’è carenza di competenze. Infine, la possibilità di ospitare studenti in dottorati industriali finanziati dal Pnrr ha creato un legame ancora più stretto».
QUANTO È CRUCIALE LA FORMAZIONE POST-LAUREA PER IL SUCCESSO DELLE COLLABORAZIONI?
«È essenziale. Molte aziende oggi faticano a trovare persone adeguatamente formate, soprattutto in ambiti tecnologici e specialistici. Collaboriamo con aziende come Deloitte o Autostrade, per esempio, per creare Academy che rispondano direttamente a queste esigenze. E le dirò di più: c’è una richiesta molto forte non solo delle aziende, ma anche dalla pubblica amministrazione. C’è tanta richiesta di formazione, che abbiamo affrontato in vari modi, inclusa la piattaforma web Federica Pro, che è dedicata alla formazione dei percorsi aziendali, anche per gli aziendali professionali. Ciò non solo garantisce che i nostri studenti siano pronti per il mondo del lavoro, ma assicura anche che le aziende trovino le competenze di cui hanno bisogno».
ANCHE UN SETTORE A VOLTE CONSIDERATO MENO APPETIBILE NELLE COLLABORAZIONI UNIVERSITÀ-IMPRESE, COME LE DISCIPLINE UMANISTICHE?
«Anche il settore umanistico sta registrando una crescita nelle collaborazioni, grazie all’emergere delle Digital Humanities e delle soft skills. Le aziende riconoscono sempre più l’importanza di avere professionisti con una formazione umanistica, capaci di gestire progetti complessi e valorizzare il patrimonio culturale. Pensiamo, per esempio, alla conservazione di beni storici: servono ingegneri, ma anche esperti in storia dell’arte e architettura per preservare e valorizzare questi tesori. Ogni settore ha delle potenzialità. È vero, però, che alcuni ambiti, soprattutto quelli tecnologici, hanno avuto uno sviluppo più rapido, ma non ci sono settori trascurati.
Molto dipende anche dalle realtà territoriali e dalla presenza di aziende locali interessate a collaborare. Tuttavia, emergenze come il cambiamento climatico o la crisi energetica stanno portando alla ribalta nuove aree di ricerca, creando opportunità inaspettate».
QUANTO È IMPORTANTE LA FONDAZIONE UNINA, CREATA UN MESE FA, IN QUESTO CONTESTO COLLABORATIVO?
«La Fondazione Unina rappresenta uno strumento cruciale per semplificare i rapporti con le aziende, tema che ci chiedevano tutte.
È una fondazione di diritto privato, con l’Università Federico II come unico socio. Questo ci permette di gestire le collaborazioni in modo più flessibile ed efficiente, rispettando le loro esigenze e riducendo le complicazioni burocratiche tipiche del settore pubblico.
È un passo avanti che ci consente di essere più competitivi e reattivi.
QUALI SONO LE SFIDE PER IL FUTURO?
«La sfida è mantenere alta l’attrattività della Federico II, garantendo che i giovani ricercatori abbiano prospettive concrete di stabilizzazione, magari attraverso collaborazioni a lungo termine con le aziende. Dobbiamo continuare a investire in formazione, in ricerca e nella creazione di figure professionali che possano trovare il loro spazio sia in ambito accademico sia industriale. La vera sfida sarà trasformare l’attuale slancio in un sistema sostenibile e duraturo».
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